Vuoi saperne di più di agricoltura sostenibile, sviluppo rurale e sicurezza alimentare? Non riesci a credere che in un mondo iper-tecnologico l’azione in campo agricolo sia ancora centrale per il benessere delle popolazioni? La coalizione di ONG Azione TerrAE invita la cooperazione italiana a mettere al centro dei programmi di sviluppo l’agricoltura contadina, attraverso un nuovo approccio sistemico. Parliamo di agroecologia con Anna Bartalini e Giulia Tringali di Mani Tese.
Che cos’è l’agroecologia?
L’agroecologia è 1) una scienza interdisciplinare, con una sua metodologia, che studia tutto ciò che riguarda l’ecologia e il sistema ecologico-alimentare; 2) un insieme di principi e concetti legati ad una certa idea di sostenibilità e di sistema alimentare ecologico; 3) un insieme di pratiche, che hanno l’obiettivo di migliorare gli ecosistemi, attraverso processi culturali e comportamenti.
In concreto, si studia un ecosistema e, sulla base di principi ecologici, si adottano pratiche coerenti ed adatte al territorio. Sono pratiche naturali e rispettose dell’ecosistema, che limitano il più possibile il ricorso ad elementi esterni. Queste pratiche non sono “preconfezionate”, ma vengono scelte caso per caso, in base alla realtà di un territorio, della comunità e delle sue esigenze.
Quando diciamo che l’agroecologia include anche l’insieme di comportamenti sociali, è perché parte “dal basso”. Nasce dalle organizzazioni contadine, raccogliendo le esigenze dei produttori diretti, di fronte alle sfide di oggi.
Sfide che includono il decadimento climatico, la malnutrizione, l’erosione del terreno e gli effetti di un uso massiccio di prodotti chimici. Così come tutte quelle esternalità negative causate dal modello dominante di agricoltura intensiva o industriale.
Il documento-appello “Transizione agroecologica e cooperazione internazionale in Africa Occidentale” della coalizione Azione TerrAE, di cui Mani Tese fa parte, contiene una buona definizione sintetica di agroecologia:
Quali sono i principi fondamentali dell’agroecologia?
L’agroecologia ha alcuni termini e concetti chiave che aiutano a capire meglio i suoi obiettivi e approcci concreti. Proviamo a presentarli sinteticamente.
L’agroecologia punta ad ottenere una migliore efficienza, cioè riuscire ad aumentare i raccolti. E fin qui non c’è niente di diverso rispetto all’agricoltura industriale. Ma come lo fa? Attraverso cicli naturali, con una riduzione degli input esterni, preferendo ad esempio pesticidi naturali e tutto ciò che il sistema già fornisce.
Inoltre, per rafforzare quella che è la resilienza del sistema ecologico, l’agroecologia punta a rafforzare la salute del suolo, onde evitare un processo di desertificazione.
L’agroecologia è un sistema integrato, non si tratta solo della coltivazione delle piante, ma anche di un certo tipo di allevamento. Un allevamento attento alla salute degli animali e all’impiego di specie locali, che fanno parte dell’ecosistema.
Si ricerca una sinergia e un’armonia tra agricoltura, allevamento e rendimento economico. Per l’agroecologia, le entrate economiche possono aumentare attraverso la biodiversità e la diversificazione, ma non a danno di queste. Infatti, tutelare la biodiversità significa ampliare la varietà di produzioni e il mercato di produttori e cooperative.
Si promuove la fruizione di una conoscenza comune. Non si può andare in un posto e dire: “bisogna produrre questo perché gli scienziati dicono…”. Si va in un posto e si discute insieme. Ci si informa su quali sono le caratteristiche del suolo e come era tradizionalmente coltivato. Si condividono informazioni e saperi e solo dopo, si decide che cosa è meglio fare e come si può migliorare questa tradizione.
Cosa vuol dire responsabilità sociale nel contesto dell’agroecologia?
La responsabilità sociale è centrale per l’agroecologia perchè mette al centro i contadini e le contadine.
Prima di tutto, per l’agroecologia l’obiettivo non è ottenere grandi produzioni per mercati lontani, ma puntare al consumo interno di ciò che si produce, garantendo l’autosostentamento, la diminuzione del tasso di malnutrizione e diminuendo il rischio di insicurezza alimentare.
È un approccio che si pone in alternativa a quello dell’agricoltura industriale, che per garantire una produzione massima punta tutto sulla tecnologia. L’agroecologia non è contro la tecnologia, ma la mette sempre al servizio del miglioramento delle condizioni di chi trae dalla terra il proprio sostentamento.
Un’altra parola chiave infatti è diritto alla sovranità alimentare, il diritto delle persone di produrre, distribuire e consumare cibo sano all’interno del loro territorio in modo ecologicamente sostenibile.
Da un lato, l’agroecologia nasce come movimento dal basso e da diverse esperienze locali. Dall’altro si dialoga con i livelli istituzionali più alti, per proporsi come risposta strutturata anche a livello globale.L’agroecologia come movimento sociale
È importante considerare la componente dell’agroecologia come movimento sociale, per valutarne il contributo sociale e politico. Si tratta di un approccio che sostiene la produzione alimentare locale e l’agricoltura di piccola scala, e promuove l’introduzione di soluzioni innovative a livello locale, che sfruttano le risorse umane e naturali, disponibili in loco.
Ed è proprio questo che fa la differenza rispetti ad altri approcci. Per esempio un fattore chiave che ha consentito all’approccio agroecologico di diffondersi in America Latina è il movimento campesino a campesino, in cui le conoscenze locali vengono trasmesse da agricoltore ad agricoltore, con un sentire comune di recupero dei saperi locali, e di tutte le conoscenze tradizionali che, altrimenti, verrebbero perse.
C’è insomma un profondo rispetto per le diverse culture. Lo vediamo, ad esempio, nel recupero di coltivazioni tradizionali, che ben si accorda con gli interessi delle comunità dei gruppi indigeni. Molti gruppi indigeni, infatti, hanno integrato l’agroecologia nella strategia di conservazione della propria terra e della propria identità.
È difficile dire che l’agroecologia sia nata in un determinato Paese o regione geografica. Piuttosto si è andata formando più come una serie di istanze portate avanti da diverse realtà locali, in risposta agli effetti negativi della rivoluzione verde.
Gli effetti negativi della rivoluzione verde hanno spinto molti territori in America Latina e in Africa subsahariana a cercare un metodo diverso. Un metodo che fosse più vicino e coerente con le proprie realtà.
Chi decide quali pratiche agroecologiche adottare in un territorio?
Sicuramente l’agroecologia fa sempre dei partenariati con università e centri di ricerca. Il personale accademico lavora con contadini e contadine per analizzare il terreno, confrontare i risultati delle analisi e decidere quali azioni portare avanti.
In generale, fare un lavoro di rete è fondamentale per l’agroecologia: si decide insieme quando coltivare e cosa coltivare.
Per esempio, Mani Tese in Guatemala ha coinvolto nei suoi progetti di agroecologia il dipartimento di scienze agrarie dell’università di Firenze e l’università guatemalteca San Carlos – CUNORI . In Kenya le azioni nelle varie filiere vengono portate avanti con NECOFA, un network di associazioni contadine e KALRO, un centro di ricerca locale.
Il punto di partenza è l’analisi di questionari ai contadini. Da lì si ragiona insieme su quali potrebbero essere le produzioni più interessanti, quali razze di animali da allevamento conviene tenere e quali sono le colture più adatte ad affrontare il cambiamento climatico.
Si può fare affidamento su studi e ricerche innovative, ma sempre sulla base di quelli che sono gli interessi dei coltivatori.
Perchè la cooperazione dovrebbe occuparsi di agroecologia?
Una risposta ce la dà la FAO, che nel 2019 ha inserito l’agroecologia come strategia chiave nel quadro dei Sustainable Development Goals.
La FAO riconosce che l’agroecologia, intesa come approccio integrato (e non solo come un insieme di pratiche), può davvero contribuire a creare dei sistemi agroalimentari resilienti. L’agroecologia sarebbe più efficace rispetto ad altri approcci settoriali, che si concentrano solamente su un aspetto, proprio perché ha una visione strategica, che considera l’intero ecosistema in questione.
In generale, poi, in tutti i continenti e soprattutto nei Paesi con economie emergenti, l’utilizzo del’agroecologia registra effetti importanti sulla riduzione del tasso di malnutrizione e dell’ insicurezza alimentare.
Effetti che sono stati messi in evidenza anche dal Covid. Ad esempio in Guatemala dove Mani Tese ha lavorato sull’agroecologia, ci siamo resi conto che durante il periodo di restrizioni più rigide, quando era tutto chiuso e le persone non potevano uscire di casa, il fatto di avere il proprio orto, il proprio ettaro coltivato, permetteva di avere il cibo senza spostarsi e stando in sicurezza.
Possiamo dire che la cooperazione allo sviluppo dovrebbe utilizzare lo strumento dell’agroecologia, perché risponde alle sfide che ha di fronte: cambiamento climatico, riduzione della povertà, protezione ambientale, sviluppo delle aree rurali, sicurezza alimentare.
Agroecologia come opportunità per donne e giovani
Nel caso specifico della cooperazione italiana, si dà molto spazio alla questione di genere e al ruolo che dovrebbero avere i giovani nello sviluppo delle loro società e l’agroecologia ha tra i suoi obiettivi prioritari combattere l’esclusione sociale di donne e giovani dallo sviluppo dei settori produttivi.
Ad esempio Mani tese in Burkina Faso sta concludendo un progetto di tre anni che ha sostenuto, tramite dei fondi di supporto, venti imprese agricole, la maggior parte a conduzione femminile, che hanno priorizzato prodotti locali e l’uso di tecniche tradizionali.
Il progetto non solo ha contribuito ad aumentare il reddito delle donne, ma ha anche ispirato in loro un senso di appartenenza, e l’importanza di esercitare un ruolo più incisivo nella società. Ha dimostrato, inoltre, che partendo dall’agroecologia si può innescare un cambiamento sociale di più lunga durata.
Lo stesso vale per i giovani, che spesso pensano che l’agricoltura sia qualcosa di superato, orami legato al passato. I progetti di agroecologia, sotto questo aspetto, possono valorizzare il settore agricolo, rendendolo più attraente per loro.
Che cos’è Azione TerrAE?
Azione TerrAE è una coalizione formata da 7 associazioni di cooperazione internazionale: Acra, Cisv, Cospe, Deafal, Lvia, Mani Tese, Terra Nuova, che da anni lavorano in Africa occidentale e puntano ad avviare la transizione agroecologica nella regione. A queste organizzazioni si aggiungono due reti della società civile italiana ed europea che sono Rete Semi Rurali e Agroecology Europe.
L’alleanza è nata da un percorso di confronto tra queste organizzazioni, che si sono rese conto di lavorare su un terreno simile e hanno deciso di stimolare una risposta istituzionale da parte della cooperazione italiana, rivolgendosi all’AICS come soggetto collettivo.
Azione TerrAE, forte dell’esperienza e degli effetti positivi dell’approccio agroecologico, che ha avuto come risultati la migliore gestione del suolo e delle risorse e un’ampia partecipazione di istituzioni locali, ha presentato una definizione di agroecologia che mette assieme conoscenze e pratiche portate avanti dalle diverse organizzazioni che ne fanno parte.
Sicuramente Azione TerrAE trova un riferimento importante nell’esperienza di ROPPA, la rete delle organizzazioni contadine e dei produttori dell’Africa occidentale. Ma tiene anche conto della discussione a livello di organismi internazionali, il concetto di agroecologia infatti è presente in diversi rapporti emessi dal Word Food Programme e dalla FAO.
Il 9 marzo 2021 la coalizione ha presentato con un webinar il suo “manifesto”. Si è poi mobilitata a luglio a Roma in un incontro pre-summit dell’ONU sui sistemi alimentari, per discutere di sostenibilità dei sistemi alimentari in Africa, dando centralità alla società civile.
Una presa di posizione necessaria per contrastare la crescente influenza esercitata dalle imprese sulla governance del cibo, che si riflette nell’organizzazione del summit di settembre a New York.